Il rospo comune (Bufo bufo, Linnaeus, 1758) o rospo europeo è un anfibio anuro della famiglia Bufonidae, diffuso in Eurasia (con l’eccezione di Irlanda, Islanda, Scandinavia settentrionale e alcune isole del mar Mediterraneo). La sua estensione orientale s’estende fino in Siberia, mentre quella meridionale comprende parti dell’Africa nordoccidentale, nelle catene montuose settentrionali di Marocco, Algeria e Tunisia. Una variante strettamente correlata vive nell’Asia orientale, compreso il Giappone.
Foto di Riccardo Alciati
Fa parte d’un gruppo d’animali strettamente imparentati, discendenti da una linea ancestrale comune di rospi. È un animale poco appariscente che resta nascosto durante il giorno e si attiva al crepuscolo, trascorrendo poi la notte a caccia delle prede (fond. invertebrati). Si nutre praticamente di qualsiasi cosa riesca ad entrare nella sua bocca: insetti in primis, lumache senza guscio, lombrichi, piccoli vertebrati come ad esempio piccoli topi. Si muove con una camminata lenta e goffa o con brevi salti e ha la pelle bruno-grigiastra ricoperta di grumi simili a verruche.
Il rospo è l’anfibio più grande d’Europa e raggiunge addirittura i 20 cm (zampe escluse). È caratterizzato dalle sue zampe corte e dal muso schiacciato, ma anche dalla sua tipica colorazione marroncina, che può tendere al rossiccio, anche se il ventre tende ad essere biancastro. Il suo colore varia a seconda delle stagioni e dell’età, dal sesso e dall’ambiente in cui si trova, passando dal marrone al rosso e al nero a seconda della situazione.
Nel suo collo vi sono due ghiandole parotoidi ovali. Queste ghiandole contengono un liquido biancastro irritante per le mucose che può essere secreto in caso di pericolo ed è in grado di ustionare e ferire anche l’uomo grazie alla bufotossina.
Le pupille del rospo comune sono orizzontali; l’occhio è di color oro scuro o rame.
Prevalentemente notturno, di giorno tende a nascondersi in buche o anfratti, sotto le pietre o comunque in luoghi riparati dalla luce, se minacciato assume una caratteristica posa intimidatoria con la testa abbassata e le parti posteriori sollevate.
Tende a tornare sempre nella stessa pozza d’acqua per riprodursi, a volte percorrendo anche diversi chilometri. Durante questi spostamenti molti individui riproduttori vengono uccisi dalle automobili. A causa di ciò, oltre che alla scomparsa dei siti riproduttivi, questo animale tende a scomparire dalle zone più antropizzate. A differenza di Bufotes viridis, se minacciato non emette spontaneamente il suo liquido difensivo, ma questo fuoriesce se le ghiandole sono stimolate.
Foto di Riccardo Alciati
Sebbene siano generalmente animali solitari, durante la stagione riproduttiva, un gran numero di rospi convergono in alcuni stagni riproduttivi ove i maschi competono per accoppiarsi con le femmine. Le uova vengono deposte in fili gelatinosi nell’acqua e successivamente si schiudono formando girini. Dopo diversi mesi di crescita e sviluppo, a questi spuntano gli arti e subiscono la metamorfosi in piccoli rospi. I giovani emergono dall’acqua e rimangono in gran parte terrestri per il resto della loro vita.
Il rospo comune è protetto dalla convenzione di Berna per la salvaguardia della fauna minore. Sembra essere in declino in parte del suo areale ma nel complesso è elencato come “di minore preoccupazione” nella Lista rossa IUCN delle specie a rischio. È minacciato dalla perdita di habitat, in particolare dal drenaggio dei suoi siti di riproduzione, mentre molti rospi vengono uccisi sulle strade durante le loro migrazioni riproduttive annuali.
L’habitat del rospo comune è variegato: aree boschive di conifere, latifoglie e boschi misti, soprattutto in luoghi umidi, tanto quanto campagne aperte, campi, boschi cedui, parchi e giardini, spesso anche in zone aride, ben lontane dalle acque stagnanti.
Lo si trova ad altitudini fino a 2500 metri, nella parte meridionale del suo areale.
Il rospo è stato a lungo associato nella cultura e nella letteratura popolare europea alla stregoneria, mentre in Estremo oriente è sempre stato animale portatore di prosperità e ricchezza.
Nell’immaginario collettivo europeo, il rospo fu a lungo considerato un animale di malaugurio e/o un collegamento con il mondo degli spiriti. Il connotato magico del rospo trae certamente origine dalla sua natura anfibia che lo pone a cavallo di due mondi, quello della terra e quello dell’acqua, mentre il connotato negativo è molto probabilmente dovuta alla ripugnanza che l’animale suscita con la sua bitorzoluta pelle grigiastra, quasi verrucosa, dai suoi movimenti lenti e dal suo emerge da luoghi oscuri.
Nell’Europa del Medioevo, il rospo era associato al Diavolo, per il quale fu non a caso inventato uno stemma araldico decorato con tre rospi. Era noto che il rospo poteva avvelenare le persone e, in quanto famiglio della strega, si pensava che possedesse poteri magici. In alcuni paesi, il ritrovamento di un rospo in una casa era considerato la prova della presenza ivi d’una strega.
Le streghe utilizzavano i rospi non addomesticati come ingredienti nei loro unguenti e infusi. In generale, la gente comune di utilizzava i rospi essiccati, la loro bile, le loro feci ed il loro sangue a scopo farmaceutico, per motivazioni vere o presunte. In quanto animale magico, il rospo era infatti circondato da una serie di ben radicate credenze che spingevano l’uomo alla ricerca delle sue parti anatomiche.
Anzitutto, la saliva del rospo era considerata velenosa ed era conosciuta come “veleno soffocato” e si credeva che l’anfibio potesse sputare o vomitare fuoco velenoso.
I miti e la simbologia cinesi/taoisti del rospo passarono in Giappone, ove Liu Haichan divenne Gama Sennin, Rospo immortale ed il suo rospo tripode, Seiajin, Dio-Rospo.
Anche nel Sol Levante il rospo era associato alla prosperità ed alla ricchezza, oltre a comparire quale animale magico e saggio in alcuni miti dello shintoismo come la storia del kami Sukuna-hikona.
Anche in Giappone gli anfibi dalla vita straordinariamente lunga diventavano creature mostruose, gli Ōgama, titanici rospi di 2-3 metri, ciò soprattutto in ragione dell’animismo nipponico che attribuiva valenza mitico-magica a tutti gli elementi del creato e legava lo scorrere del tempo al crescere del potere magico, facendo di tutti gli animali particolarmente longevi degli spiriti (Yōkai).